Il Paese si sta misurando con una proposta di legge che interpella profondamente la coscienza e l’intelligenza dei cittadini: la depenalizzazione della interruzione della maternità. Voglio intervenire come credente che vuole fruire del grande dono del libero arbitrio e quindi sempre in ricerca e con un gratificante senso libertà che certamente il conformismo e i dogmatismi non potranno mai dare. Anche se questa libertà dovesse costare: in passato sono stato vittima di strumentalizzazioni e accuse false da parte di presunti credenti che hanno come priorità il dogma e l’odio anziché l’amore e la verità.
Una analisi attenta ci dice che chi si pone di fronte al problema dell’interruzione di gravidanza con un sì o un no fa ideologia, chi sostiene la penalizzazione è ipocrita (“la legge lo vieta quindi il problema non c’è”). Infatti a San Marino è proibito e penalizzato, ma l’aborto c’è come nelle zone limitrofe solo con una umiliante mortificazione in più per la donna. La penalizzazione è troglodita, inutile e soprattutto atroce verso le donne. Mi ha incoraggiato a intervenire il recente intervento di Alice Mina, membro DC del Consiglio GG, in TV.
Bisogna individuare tutti assieme un percorso che innanzitutto abbandoni steccati ideologici ed integralismi. Un percorso che miri ad una società che non costringa più la donna all’aborto (quasi sempre traumatico). Un forte investimento di risorse per una adeguata informazione, servizi educativi e di prevenzione, consultori, servizi di supporto alla maternità e all’infanzia che permettano alla donna di non dover scegliere tra lavoro e maternità (penalizzazione dei datori di lavoro che ricattano le donne).
Serve soprattutto un nuovo atteggiamento culturale: 1) su un problema come questo non si pretenda di procedere senza l’apporto decisivo delle donne (non c’è referendum che tenga – si deciderebbe a maggioranza sull’uso del loro corpo); 2) che non si parta dall’idea (sottesa fra tanti “difensori della vita”) che il maschio può fare impunemente con le donne quello che vuole e, in caso di violenza o di errore, a pagare sia solo lei come avviene ancora nei paesi dal diritto troglodita in caso di adulterio: ad essere lapidate sono solo le donne; 3) che in ogni caso l’anatema e la penalizzazione (il carcere) sono inefficaci e ingiusti.
Infine, nessuna commistione con chi parla di difesa della vita e contemporaneamente sia portatore di idee reazionarie che sostengono il rifiuto di salvare gli immigrati, il razzismo, il maschilismo fanatico, la guerra e la pena di morte. Questi non sono difensori della vita.
Giovanni Giardi
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