UDS - 1972-1987

L'Unione Donne Sammarinesi, dal 1972 al 1987

All’inizio degli anni ’70 molte donne sammarinesi cominciarono a sentire l’esigenza di creare un fronte comune per fare sentire la propria voce, al di là dei movimenti femminili di partito. Quest’ultimi, infatti, risentivano dell’appartenenza ad una precisa ideologica e dovevano sempre sottostare alla linea politica centrale del partito.

Le donne decisero, quindi, di unirsi senza il peso ed i limiti delle bandiere politiche, creando momenti di aggregazione e contatto con donne di varia estrazione sociale e politica allo scopo di formare un movimento di massa autonoma dai partiti con obiettivi politici ben precisi, in primis la conquista di maggiori diritti per le donne.

Una prima iniziale aggregazione nasce nell’aprile 1971 con il Comitato per l’emancipazione della donna sammarinese (da non confondersi con l’omonimo comitato di impronta democristiana che fu attivo fino alla fine degli anni ’50) su iniziativa di Marina Busignani Reffi, socialista e pittrice che racconterà: “Mi sono resa conto che un’artista deve vivere nel suo tempo. Io sono una donna e il mio impegno politico non poteva essere che la battaglia per l’emancipazione”. Oltre alla Busignani Reffi fanno parte del Comitato Maria Casadei, vecchia militante comunista, perseguitata non solo durante il fascismo ma anche dopo i “fatti di Rovereta”, Graziella Rossini, socialdemocratica, Luciana Franchini del Movimento per le Libertà Statutarie ed Emma Rossi, giovane combattiva del Centro Politico Nuova Sinistra.

La Busignani Reffi rivolge un invito ad aggregarsi alle responsabili femminili di tutti i partiti, ma la Democrazia Cristiana rifiuta la sua adesione.

Queste donne si svegliano tardi ma chiedono subito molto: nell’aprile 1971 presentano un’Istanza d’Arengo chiedendo il diritto di voto passivo (che arriverà 2 anni dopo, nel 1973), la possibilità di reggere uffici pubblici e civili, la parità di salario, la pensione alle casalinghe, la facoltà di disporre dei beni dotali, la patria potestà… Stilano, in pratica, una lista con tredici punti che deve aver fatto sudare i Capitani Reggenti. Per quanto estreme debbano essere sembrate le richieste del Comitato, i Capitani Reggenti le accettano affermando in via di principio il diritto delle donne all’elettorato passivo e alla loro emancipazione giuridico-sociale. Dopo sette mesi in cui le rivendicazioni dell’Istanza rimangono ancora scritte sulla carta, le donne del Comitato ripartono all’attacco chiedendo un’udienza ai Capitani Reggenti. Intanto, in seguito ad una crisi politica, i socialisti entrano al governo ed il Comitato per l’emancipazione della donna sammarinese ottiene una Commissione Consiliare che studi l’applicazione dei diritti rivendicati dalle donne. 

Così le casalinghe in età pensionabile incominciano a percepire la loro pensione di 50 mila lire al mese, la donna ottiene la patria potestà, può assumere cariche pubbliche importanti, può disporre dei beni personali senza l’autorizzazione del giudice tutelare, la vedova ha diritto all’intero usufrutto e alla metà della proprietà, la donna sposata si libera dalla tutela paterna al compimento del diciottesimo anno di età.

La delegazione del Comitato per l’emancipazione della donna sammarinese mentre esce dal Palazzo del Governo dopo essere stata ricevuta dai Capitani Reggenti (da sinistra Marina Busignani Reffi, Emma Rossi, Graziella Rossini).

Da questo Comitato, che aveva assunto una chiara connotazione di sinistra, nacque l’Unione Donne Sammarinesi1 (in analogia con l’Unione Donne Italiane) con la precisa scelta politica di creare un’entità al di là degli schieramenti politici, per le donne e composta da donne di tutte le provenienze.

Questo fu il punto cardine su cui tutto il movimento in effetti ruotò per lo sviluppo della propria attività: coinvolgere donne di ogni provenienza politica o senza appartenenza partitica, donne mature o giovanissime, proletarie o borghesi. La forza doveva essere il gruppo e non poteva dipendere dalle logiche dei partiti a cui comunque alcune di coloro appartenevano.

Paolo Rondelli nel suo libro “L’Unione Donne Sammarinesi e la conquista della cittadinanza” scrive: “Nacque così l’Unione Donne Sammarinesi (UDS), un’organizzazione combattiva e moderna, che ruppe gli schemi della quieta vita politica sammarinese fatta di maggioranza e minoranza, e coalizzarono sulle battaglie al femminile donne di diversa provenienza e estrazione sociale, dall’operaia comunista alla borghese che andava a fare il volantinaggio in taxi e pelliccia, dalla studentessa nubile alla madre di famiglia, da quella di estrazione laica alla fervente cattolica. In poco meno di tre lustri, l’UDS diede vita al rinnovamento culturale e sociale che ha portato all’avere molti più strumenti legislativi a tutela delle donne e dei loro diritti”.

L’UDS cominciò a muoversi in maniera più organizzata ed attiva a partire dal 1974, poco prima delle elezioni politiche dell’8 settembre 1974 in cui le donne poterono esercitare per la prima volta il diritto di voto passivo.

Nell’assemblea UDS del 9 maggio 1975 viene presentata una proposta di piattaforma rivendicativa poi esaminata il successivo 20 maggio.
In essa si stabilisce che:

L’UNIONE DONNE SAMMARINESI sostiene la lotta di emancipazione femminile come fattore di rinnovamento della società civile a San Marino e nel mondo e chiama quindi tutte le forze e organizzazioni democratiche che credono nella battaglia di emancipazione a lavorare su questi obiettivi fondamentali:

    1. Affermazione della parità giuridica fra i sessi.
    2. Creazione di strutture sociali che consentono un effettivo inserimento della donna nel mondo produttivo, sollevandola dal peso di un ruolo troppo a lungo riconosciuto come naturale.
    3. Proposte che tendano ad assicurare uguali possibilità fra uomo e donna nel campo del lavoro.

Tutti questi obiettivi comportano per il movimento femminile il suo inserimento come forza sociale autentica di spinta e di sollecitazione per scelte politiche di fondo che presuppongono la gestione democratica dello Stato basata sulla partecipazione delle forze sociali, e il metodo della programmazione nelle decisioni.

L’UDS si troverà, in quegli anni, a dover privilegiare alcuni obiettivi, sacrificandone altri. Se infatti le battaglie per mense, asili nido e altri servizi sociali seguirono il passo della società che si evolveva e caratterizzavano il periodo di conquiste sociali sammarinesi, tutto ciò che riguarda la sfera meramente femminile si trovò a cozzare contro il muro delle usanze e del potere tipicamente maschile. Quindi le donne dell’UDS dovettero ad un certo punto fare la scelta di perseguire prioritariamente la strada della battaglia della cittadinanza lasciando un po’ in disparte altre tematiche come il divorzio, l’accesso gratuito alla pillola anticoncezionale e la legalizzazione dell’aborto.

Per questi motivi uno dei terreni iniziali di azione del gruppo fu quello dei servizi sociali e del lavoro. In questa battaglia le donne dell’UDS si trovarono alleate con le strutture sindacali, presso i cui locali a volte di riunivano, almeno inizialmente, anche se poi le riunioni si tennero a casa dell’una o dell’altra con i bambini piccoli da accudire, lasciati liberi di scorrazzare sotto il tavolo attorno al quale le madri erano sedute con le amiche a pianificare le strategie di lotta per il movimento.

Le organizzazioni sindacali ebbero in quei primi anni di lotta un ruolo di alleato forte dell’UDS ed insieme vennero conseguite importanti conquiste per lo stato sociale. Furono aperti i primi asili nido (il primo nel 1979) e si avviarono le mense per i lavoratori. Spesso l’UDS utilizzava la struttura sindacale e le donne più vicine al mondo operaio per rendere noti i suoi obiettivi e fare opera di sensibilizzazione presso le fabbriche.

Contemporaneamente l’UDS si attivò per rendere nota la propria attività con riunioni in tutti i Castelli della Repubblica già a far data del 31 maggio 1975 con un incontro a Montegiardino con Fausta Morganti e Gloriana Ranocchini come relatrici.

Vale la pena ricordare che la Democrazia Cristiana continuava, in quegli anni, ad avere al suo interno un Movimento femminile, sebbene diverse democristiane abbiano fatto parte dell’UDS negli anni.

Nella riunione dell’UDS del 3 dicembre 1976 compare per la prima volta nell’ordine del giorno il tema della cittadinanza che prese notevolmente corpo nei mesi successivi. Tale tematica divenne uno dei temi per le assemblee di fabbrica che si tennero il successivo 8 marzo 1977, a fianco dei temi della tutela della salute, dei consultori e dell’educazione.

WORK IN PROGRESS…

NOTE
1 Non è del tutto chiaro se l’anno effettivo di fondazione dell’UDS fosse il 1972, tuttavia negli anni ’80 il movimento aveva l’abitudine di indicare il 1972 come anno della sua fondazione. Nella lettera a Papa Giovanni Paolo II del 22 marzo 1982 l’UDS scriveva: “L’Unione Donne Sammarinesi, libero Movimento di opinione sorto nella Repubblica di San Marino nel 1972 e composto da donne che, al di sopra delle proprie opinioni politiche, sono accomunate da ideali umanitari…”. È molto probabile che nel 1972 ci fosse una formazione femminile in embrione che ha via via preso una forma più strutturata con la nomina di un esecutivo nel 1974 e con il riconoscimento giuridico da parte del Consiglio dei XII nell’ottobre 1975. 

Bibliografia

RONDELLI, L’Unione Donne Sammarinesi e la conquista della cittadinanza, San Marino, Fondazione XXV Marzo, 2013
BARZETTI (a cura di), Donne tenaci di San Marino, San Marino, AIEP Edizioni, 1983
MASI, Le formicole del Sagrado, San Marino, Studiostampa, 1992
UGOLINI, Da Femina a Cittadina. La condizione politica della donna a San Marino, San Marino, AIEP Edizioni, 2005
M. MAZZA, La donna sammarinese, catalogo della Mostra “E qualcuno si ricorderà, una volta, nel tempo”, Bologna, Minerva Edizioni, 2006